Ai confini del cielo troviamo il tetto del mondo in un quotidiano incontro con una tradizione millenaria fra i 5000 e gli 8000 metri. Condotta attraverso i secoli da una oligarchia ecclesiastica, il Tibet venne attaccato e occupato dai cinesi nel 1950, mentre saliva al trono Tenzin Gyatso L’arretratezza del Paese, l’assenza di un esercito e la natura stessa degli abitanti, molti dei quali sono oggi in esilio, la religione e una filosofia di vita volta soprattutto al bene piuttosto che al male, favorirono il repentino successo degli invasori. Nessun paese occidentale condannò ufficialmente l’aggressione e 9 anni dopo si scatenò la reazione popolare che favorì la fuga del Buddha vivente, il Dio-re, a Dharamsala.

Seguirono anni di repressione antireligiosa con la folle distruzione di templi e monasteri, con la repressione e l’arresto di monaci e l’interdizione della pratica del buddismo. Oggi il Tetto del Mondo ha riacquistato parte delle sue libertà. Ma al viaggiatore la regione non si presenta certamente più come la videro Padre Huc, Tintin o Brad Pitt. Oggi è in bilico fra la riscoperta delle tradizioni e il loro annichilimento definitivo, tra la riconquista di valori repressi e le tentazioni di una modernità senza pudori. Le aride valli dello Xizang, sono circondate da vette, passi e sterminati altipiani e sono punteggiate da minuscoli villaggi, lamasserie, monasteri, mandrie di yak e tende di nomadi.

Nella valle delle sacre acque del Brahmaputra sorge la capitale, Lassa, oggi raggiungibile perfino in treno! Antica città proibita ormai scandalosamente deturpata da caserme militari, supermercati e bordelli, accoglie il visitatore con l’estatica visione del Potala, palazzo costruito nel 17° secolo, alto oltre 130 m e costituito dal Palazzo Bianco e dal palazzo Rosso, la cui sommità regala un incredibile panorama della città fra scempi moderni e splendori passati fra cui il Norbulingka.

Come un gigantesco mandala, un universo colorato e vociante di devoti e di monaci avvolti nelle tipiche vesti color porpora, percorre a piedi il circuito sacro attorno a Jokhang. Poco lontano dalla capitale troviamo Ganden, grande complesso monastico in parte distrutto dalla rivoluzione culturale cinese, con le sue mura bianche e rosse, i tetti dorati e le immancabili e coloratissime bandiere. E soprattutto con la tomba d’oro di Tsongkapa, padre della setta Gelup-pa. Malgrado tutto, e per fortuna, questa regione fra il Deserto del Gobi e Agra e fra Samarcanda e il Fiume Giallo è ancor oggi difficilmente accessibile anche se le poche vie che permettono di raggiungerla, fra cui quella della seta, sono ancora cariche di poesia e di mistero. E a volte pare di scorgere in quel mondo anche l’essenza selvaggia della Valle Bavona. Fm / 25.04.2017

Nessun consiglio di viaggio siccome questa destinazione è stata solo immaginata, e non vissuta !