Appare ormai evidente che il compito di contrastare l’ascesa dell’Islam radicale spetta principalmente ai musulmani stessi, siano essi in Europa o altrove. Infatti, l’islamismo radicale minaccia tanto l’Occidente quanto il mondo arabo-musulmano islamico. Un mondo che oggi è quasi ovunque segnato da guerre settarie e dall’oscurantismo religioso. L’ascesa dell’Islam radicale è dovuto a cause sia politiche e socio-economiche sia religiose. E non può essere semplicemente spiegata con l’incompatibilità fra l’Islam e diritti umani, o da certi versetti violenti del Corano, o dal bisogno identitario o dal fatto che nell’Islam non esiste una gerarchia e suprema autorità religiosa.

Per quanto riguarda chi, fra i musulmani, cerca di promuovere una lettura del Corano compatibile con la modernità e il liberalismo, occorre ammettere che hanno solo un’influenza limitata. Tant’è vero che è sempre più difficile trovare degli arabo-musulmani di nascita che si professano atei o non praticanti. Ormai anche i tentativi di laicizzazione degli Stati, come quello avviato da Atatürk in Turchia negli anni 20 del secolo scorso, sembrano pura utopia.

Oggi si potrebbe ancora immaginare o desiderare l’emergenza di un Lutero o di un Calvino musulmano che avvierebbe una rimessa in questione della religione come quella vissuta dal Cristianesimo con la nascita in seguito del Protestantesimo? Le attuali condizioni socio-economiche e geo-politiche del mondo musulmano oggi non lo permetterebbe: succederebbe il caos dato che si provocherebbe un’altra guerra di religione intra-musulmana come quella che infuria ormai da anni tra sunniti e sciiti in quasi tutto il mondo arabo.

Si si vuole rifiutare anche solo l’idea dello scontro di civiltà occorrerebbe avviare un pragmatico e condiviso movimento progressista e liberale in seno alle società musulmane, e promuovere la vita in comune attorno allo spazio mediterraneo che da sempre è stato un mare che unisce piuttosto che divide. Il Libano potrebbe fare da apripista siccome rimane ormai l’ultimo rifugio del cosmopolitismo mediterraneo e della convivenza tra l’Europa e il mondo arabo, fra Islam e Cristianesimo, fra sunniti e sciiti. Il Libano ha sofferto per lunghi 15 anni (Guerra civile 1975-1990) a cause delle divisioni interne. Oggi, come per miracolo, sembra essere l’unica oasi di pace e di sviluppo culturale, sociale e economico del Vicino Oriente.

Francesco Mismirigo, 11 settembre 2016

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