Israele e lo Stato di Palestina assieme contano oggi ca 12,5 milioni di abitanti e hanno una superficie complessiva di ca 29’000 kmq. Uno spazio più piccolo di quello elvetico composto in gran parte da zone desertiche e semi desertiche, spesso montagnose (Negev, Mar Morto, Giudea e Samaria), ma pure da vaste zone naturalmente fertili o irrigate lungo la costa, lungo il fiume Giordano o nella zona del Lago di Tiberiade e la Galilea. Dodici milioni di persone che vivono sia in grandi agglomerati urbani (Tel Aviv-Jaffa, Haifa, Nazareth, Gerusalemme, Ramallah, Gerico, Betlemme, Gaza City), sia in borgate o in vaste colonie ebraiche in zona occupata. Il tutto si presenta come un’immensa città diffusa in continua e caotica espansione: da Gaza a Haifa e sull’altipiano Ramallah-Gerusalemme-Betlemme è un susseguirsi di case in costruzione. Si costruisce ovunque. Importante sembra essere il fatto di marcare e dominare il territorio, e non di gestirlo offrendo in loco anche i principali servizi di cui ha bisogno la popolazione.

Così assieme a palazzi di cemento anonimi, spesso mai veramente terminati e circondati dal deserto, cresce il numero degli abitanti, sia per motivi di immigrazione in particolare dalla Russia per gli ebrei, sia per la forte natalità dei palestinesi. E di conseguenza aumenta il traffico, congestionato anche a degli incroci in mezzo al deserto, quasi irreali… , e cresce il numero di autostrade. Quasi assenti le circonvallazioni degli agglomerati, anche per motivi di controllo del traffico palestinese da parte degli israeliani: quindi i tragitti per motivi di lavoro, per acquisti o altro sono sempre decisamente lunghi, anche su tratte brevi.

Fortunatamente le ferrovie permettono un’alternativa per gli spostamenti lungo la costa. Inoltre una tratta veloce è in costruzione fra Gerusalemme e Tel Aviv dove in entrambe le città vi è un buon sistema di metropolitana leggera.

Chi visita Israele non può non essere stupito dal contrasto fra le caotiche regioni urbanizzate e le vaste zone ancora disabitate o prive di colture: ma le stesse sembrano essere minacciate da una logica senza senso, almeno per noi, che spinge l’Israeliano ebreo a voler a tutti costi marcare il territorio e occuparlo, sia nel deserto sia sui tetti della città vecchia di Gerusalemme. E una volta affermata la sua presenza non inizia un processo di coesistenza con chi già vi abita, ma piuttosto quello del suo allontanamento. A proposito merita la visione del film israeliano “Lemon Tree” di Eran Riklis, molto critico sul sistema in atto nel suo Paese.

Infine, anche se Israele considera tutti i cittadini, arabi e ebrei, residenti nello Stato di Israele come cittadini israeliani con gli stessi diritti e doveri, è flagrante la differenza nella gestione della cosa pubblica fra le zone urbane ebree e quelle arabe. Da un lato belle palazzine, viali lindi e alberati, arredo urbano completo, illuminazione costante, pochi rifiuti; dall’altro troviamo fili elettrici e telefonici a penzoloni, marciapiedi in cantiere, cassettoni delle immondizie straripanti, posteggi selvaggi, gatti randagi e rifiuti in ogni luogo. Certamente differenti mentalità e usi e costumi possono spiegare in parte queste differenze. Ma solo in parte ! (2 – continua)

Francesco Mismirigo, 14 novembre 2016