Se l’unico scopo della trasferta non sono i numerosi e celebri locali notturni di Tel Aviv, anche chi viaggia da solo in Israele e Territori palestinesi non può non imbattersi in un luogo di culto da visitare o in un sito storico o archeologico celebre citato nella Bibbia, sia esso cristiano, musulmano o ebraico. Come non può non notare le migliaia di pellegrini, soprattutto cristiani e provenienti da tutto il mondo, che si spostano tutti assieme a bordo di grossi autobus e che invadono sia tutte le aree di sosta, a loro volta trasformate in bazaar improvvisati che propongo del puro made in Cina a prezzi da Bahnhofstrasse…, sia i siti religiosi diventati spesso vasti spazi dove ognuno può dire una messa improvvisata. Tutto sembra essere retto dai principi del commercio  e degli affari. Insomma, la fede porta (anche) soldi.

In tutto questo – oltre al comprensibile e necessario bisogno di ritrovare sé stessi nei luoghi principe della propria fede – vi è pure una forma di isteria pura. Come chiamare altrimenti le folli folle che si precipitano ad acquistare centinaia di crocifissi di ogni forma, di rosari colorati, di immagini sacre plastificate, di Madonne translucide, di presepi in simil legno di ulivo…; o che si gettano a terra gridando su pietre che la tradizione vuole che Cristo abbia toccato. In Terra Santa oggi è forse impensabile ritrovare la dimensione mistica, la possibilità della contemplazione individuale o la serenità della solitudine nella fede che offrivano ad esempio i siti religiosi della Siria quali San Simeone o Mahlulaa, allora decisamente poco turistici. Eppure quando si ammira Gerusalemme dal Monte degli Ulivi ecco che ti appare la Storia del mondo e improvvisamente si è soli con l’infinito e il Creatore. Tutto è lì, beatamente concentrato, bene e male, pace e speranza. Dalle masse si riesce ancora a fare astrazione.

I luoghi di fede sono dunque diventati anche luoghi per il turismo di massa e occasioni per fare affari, oltre che un’importante fonte di introiti per le comunità arabe e cristiane spesso vittime del sistema politico e economico vigente in loco. In questi luoghi accorrono pellegrini da ogni parte del mondo e ognuno affronta la religiosità a suo modo. Alla discrezione e alla compostezza degli europei del nord si contrappone l’esuberanza dei latinoamericani, spesso forse eccessiva, o lo spirito gregario e l’agitazione degli asiatici. Poi vi sono pure i turisti di altre fedi, spesso poco coscienti, o mal informati, del fatto che i luoghi di culto cristiani non sono un oggetto da museo ma che richiedono altrettanto rispetto. ( 3 – continua)

Francesco Mismirigo, 15 novembre 2016