Il treno lascia con fatica Cuzco, l’antica capitale dell’impero delle Quattro Parti, situata a 3400 metri, che racchiude nelle sue mura la più vasta testimonianza della civiltà andina scomparsa, fra cui la pietra dei 12 angoli. Una civiltà, quella Inca come molte altre, distrutta dai conquistadores spagnoli e da Francisco Pizzarro che uccise il quarto imperatore, Atahualpa, nel 1533.

Dopo Chinceros e Pisac la strada ferrata attraversa villaggi con mercati coloratissimi, dove donne con ponchos e mantas vendono indumenti di alpaca e presepi. Penetra poi in una regione di straordinaria bellezza scavata nelle rocce della valle dell’Urubamba, sorvegliata dalla fortezza dell’Ollantaytambo, e cuore del Paese del popolo che adorava il Sole. Il treno arriva sbuffante a Aguas Calientes. Ma al km 88 della linea turisti, archeologi, pastori, portatori e campesinos indios che preferiscono camminare piuttosto che prendere un bus poco avventuroso, lasciano la stazione e iniziano a scalare faticosamente il ripido argine.

Si avanza in mezzo ad una fitta giungla mentre sopra i pendii di granito, guidati dall’Inkari, il vento degli antichi, volano impavidi i condor, come se volessero indicare la posizione della città perduta, scoperta il 24 luglio del 1911, cento e sei anni fa, dallo storico statunitense Hiram Bingham. Improvvisamente, appare una stretta scalinata fatta di grossi blocchi di granito. Poi, dopo un varco nella foresta vergine, oltre una larga e lunga terrazza si presenta, imponente, l’incomparabile visione della ciudad perdida, Machu Picchu, una delle meraviglie del mondo, tra nebbie e montagne sacre.

L’antica città occupa la vetta dell’Intihuatana, circondata da vertiginosi precipizi, e presenta i resti di numerose case comunitarie, rocce e piazze sacre, e terrazze di sostegno costruite con pietre enormi dove cresceva il migliore mais dell’impero e dove pascolavano placidi i lama. La città sacra, dall’accesso molto arduo, era una fortezza inespugnabile, fra terra e cielo, all’ombra dell’Huayna Picchu. Sembra che la fortezza fosse abitata soprattutto da donne e con tutta probabilità fu costruita per le vergini del Sole. Ma le sue origini e le sue funzioni restano ancora avvolte nel mistero. Tante sono le ipotesi che riguardano il più visitato sito archeologico dell’America meridionale. Oggi la mitica fortezza, alla quale il poeta cileno Pablo Neruda ha dedicato una poesia, è diventata un simbolo nazionale che si contrappone alla triste vicenda dell’oppressione coloniale che distrusse una civiltà senza però eliminarne per sempre la cultura. E solo la scarsa accessibilità del luogo ha salvato questo monumento dalla furia iconoclasta e omicida di conquistadores accecati da troppo cristianesimo e da troppo integralismo religioso. Fm / 24 luglio 2017

Nessun consiglio di viaggio siccome questa destinazione è stata per ora solo immaginata, e non vissuta !