Ai piedi delle vette innevate dell’Alto Atlante, che la separa dalla valle del Draa, dalle oasi del sud  e dal Sahara, si stende una città rossa e ocra, una città magica secondo lo scrittore Tahar ben Jelloun, che da millenni attira viaggiatori da tutto il mondo. Marrakesh. Fedele a sé stessa al punto da sembrare immobile nel tempo, la sua anima mezza africana e mezza berbera gli da uno charme coinvolgente al quale è impossibile resistere. Circondata quasi completamente da palmeti, aranceti e oliveti che non riescono però a coprire la vista sul minareto della Koutoubia alto 70 metri, questa città di oltre 1 milione di abitanti è raggiungibile via ferrovia da Casablanca attraverso paesaggi lunari mai visti dalla Bergman e da Bogart.

Dietro le sue alte mura color ocra costruite nel XII secolo la più meridionale delle antiche città imperiali nasconde bene i suoi segreti: palazzi luminosi, dar, hammam e giardini lussureggianti a due passi dall’agitazione e dai rumori dei souks con i loro venditori d’acqua, di filtri dell’amore, di babbucce, di cobra, di serpenti, di tappeti e di giovani corpi. Dalla terrazza del Café de France che domina la vasta spianata di Jemaa el-Fna con i ricordi di Doris Day e lo stress di James Steward, l’eleganza sfarzosa del Mamounia e i tetti luminosi delle mosche, attraverso il verde di un te alla menta lo sguardo abbraccia i labirinti della vasta medina dove si mescolano profumi e sapori zuccherati, salati e speziali e le influenze andaluse, berbere, occidentali e orientali si ritrovano in tutti i piatti proposti al passante: tagine, couscous, caviar d’aubergines, brochettes de mouton, oranges à la cannelle, cornes de gazelle e pasticcini alle mandorle.

La città nuova, Gueliz, è stata costruita dai francesi nel 1913 in una zona desertica: è quindi completamente differente da Jemaa che, come tutte le corti dei miracoli di questo mondo, è un luogo affascinante, pericoloso, avventuroso nel quale non manca mai un tocco un tantino mostruoso in particolare alla sera quando si illumina a giorno grazie ad una miriade di luci che danno una sensazione di angoscia a questo luogo essenzialmente sonoro fatto di venditori ambulanti, cantanti, danzatori, giocolieri, incantatori di serpenti, chiromanti. Appena fuori della città murata, prima di affidarsi ad un fuoristrada per partire alla scoperta di ksar e kasbe fra Ouarzazate e Zagora, i Giardini di Majorelle, comperati nel 1978 da Yves Saint-Laurent, si presentano come un eden tropicale, un paradiso terrestre prima del fuoco del deserto, dominati dall’intenso blu cobalto della villa dello stilista. Ormai un passato ricordo pure questo. Fm / 21.02.17

Dove dormire: La Mamounia, http://www.mamounia.com/fr/ – Lussuoso, fantastico e storico albergo in pieno centro. Vale la pena anche solo una visita per un thé al bar. Fa tanto Paul Bowles…

Dove mangiare: Amal, vicino alla stazione ferroviaria, quartiere calmo. Ristorante gestito solo da donne che offre ottima cucina tipicamente marocchina a base di prodotto freschi, servita in un grazioso giardino interno.

Come arrivare: l’aeroporto internazionale di Casablanca è collegato direttamente alla rete ferroviaria marocchina e quindi anche a Marrakesh. Su posto, per le visite nei ditorni, sull’Atlante e verso il Sahara si consiglia un 4×4 con autista.