Da una quarantina d’anni la zona del valico del Cavagnino è in stato di totale abbandono. Eppure fino alla metà del 20mo secolo, ai tempi dei contrabbandieri, nella regione malcantonese vi era un frenetico andirivieni di sacchi di riso e di bricolle di sigarette, senza dimenticare i transfughi a carattere politico fra i quali ci sarebbe stata anche Edda Ciano, la figlia di Mussolini.

Questo villaggio, Astano, è terra di artisti e costruttori. Recentemente non ha voluto perdere la propria autonomia comunale per una fusione poco sentita, e oggi come ieri è conosciuto per il suo clima mite e per il suo stagno dalle fresche acque, pulite ma con tantino d’arsenico. Dicono. Si osa chiamarlo pure laghetto poiché d’estate attira luganesi e turisti alla ricerca di frescura. Il villaggio è conosciuto pure per altre affascinanti peculiarità paesaggistiche, fra cui la torbiera di Erbaggi e la cascata della Froda. I turisti già all’inizio del novecento arrivavano a Astano che offriva alloggio confortevole nella notissima “Pensione della Posta”.

Molti poi, fra faggi e castagni, costruirono una moltitudine di villini tanto che oggi il tasso di residenze secondarie è quasi del 60% ! Ma fondamentalmente il nucleo del villaggio ha saputo mantenere quasi inalterate le sue caratteristiche. Il complesso della parrocchiale di San Pietro domina sempre i tetti di coppi dal suo promontorio. Ma anche le sue viuzze e i suoi stabili borghesi come la “Cà da Roma” esprimono pagine di storia locale: ricordano personaggi famosi quali Rosa de Marchi AvanzIni, che nell’800 fu la prima donna ticinese a cimentarsi con importanti traduzioni, e i numerosi emigrati in ogni parte d’Europa.

Fra i molti artigiani, artisti e operai che non trovavano lavoro nelle vicine miniere d’oro di Sessa, è soprattutto l’architetto Domenico Trezzini che ha indissolubilmente legato il suo nome sia a questo villaggio, sia a San Pietroburgo. Ma in passato nella regione non vi erano solo artisti ma pure molte capre, come lo attestava lo stemma comunale, che popolavano il roccioso Rogoria, in particolare ai tempi del convento degli Umiliati.

Un ricco passato che è arrivato fino ai giorni nostri grazie anche alle fotografie fatte a cavallo fra l’800 e il 900 da un illustre ospite del villaggio, il fotografo Eugenio Schmidhauser, i cui clichés sulla regione e sul Ticino furono fra i primi che promossero nel modo il nostro Cantone. Le sue foto tramandano dunque un patrimonio di testimonianze di straordinaria valenza documentaristica. Già allora la promozione e la valorizzazione delle nostre terre era opera di forestieri perché forse sapevano vedere con altri occhi quello che noi non sappiamo valorizzare. E che oggi abbiamo in gran parte distrutto spesso solo per mero interesse economico. © Fm / 26 agosto 2018

Come arrivare: con la FLP da Lugano, poi in Autopostale da Magliaso o da Ponte Tresa

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