Chi decide di visitare l’Albania, una destinazione geograficamente molto vicina ma ancora parecchio lontana a livello di immaginario collettivo, scoprirà che molti pregiudizi su questo Paese non hanno senso di esistere. E’ certamente il Paese più povero d’Europa, la corruzione è diffusa, la speculazione edilizia pure e i principi ecologici di rispetto della natura non sono paragonabili ai nostri. Ma certamente non è un Paese in cui la religione musulmana è imperante e dogmatica come potremmo immaginare.

Musulmana fin dai tempi dell’occupazione ottomana, l’Albania ha comunque sempre condiviso la sua terra con altre religioni, in primis quella cristiano-ortodossa. Ma pure quella cattolica. Durante la feroce dittatura comunista di Hoxha fra il 1945 e il 1991 furono saccheggiate, deturpate e demolite la maggior parte delle chiese e delle moschee. E nel 1967 fu proibita ogni forma di fede religiosa e l’Albania diventò l0unico stato ufficialmente ateo al mondo. Oggi, a detta degli albanesi, la tolleranza e convivenza religiosa è ottima, i matrimoni misti sono la norma, la pratica religiosa poco seguita e nessun precetto sunnita o sciita viene interpretato come in altri Paesi arabo musulmani. Le contadine portano il foulard come in uso pure da noi in passato e le donne col velo sono rarissime, praticamente solo turiste turche o arabe.

A dire il vero nei centri urbani le donne, e in particolare le giovani ragazze, si notano per i loro abiti a dir poco discinti, per le scollature vertiginose, per le minigonne ascellari e per il trucco vistoso. Una caratteristica che abbiamo notato pure nelle vie di Sarajevo. E i ragazzi portano barbe ben più da hipster che da imam… E ad esempio a Tirana le notti sono senza fine: bar, ristoranti, discoteche all’aperto, un continuo struscio pedonale e in Mercedes, un modello d’auto che secondo i canoni albanesi permette di aver successo immediato con le donne … ! Quindi giorno e notte, ovunque in Albania circolano Mercedes e altre grosse cilindrate. Perché l’amore per l’auto sembra infinito. Status symbol assoluto.

Ed ecco che in Piazza Madre Teresa a Tirana dei giovani improvvisano dei rally di moto e auto fino allo sfinimento. Poi si scaldano i motori, si tirano i freni, le ruote girano all’impazzata, il catrame comincia a fondere, i copertoni scoppiano e in mezzo al fumo dei gas di scarico e del motore in fiamme si alza dalla folla un urlo supremo, massimo godimento in un orgasmo comune. I negozi dove trovare altre ruote e altri cerchioni non mancano, più numerosi dei supermercati. Oltre all’amore per le auto, i giovani sembrano adorare tutto quanto sia italiano: dalle giunoniche forme rifatte delle veline televisive, ai sogni di ricchezza dei modelli di vita dei calciatori, dal caffè espresso, ottimo, ai gelati, pure ottimi, al codice della strada. I modelli di vita italiani e la lingua italiana sono ovunque: l’Italia ha ancora una colonia ma non lo sa. O in questo caso per interesse fa finta di non saperlo.

Strano Paese: sembra voler a tutti i costi voltare le spalle al suo passato per sposare effimeri modelli di un mondo che in parte lo rifiuta perché lo vede solo attraverso il prisma dei preconcetti. Ma nel contempo resta furiosamente attaccato alle sue radici illiriche, alla sua cultura tipicamente balcanica, alle sue tradizioni che risalgono al medioevo e al suo folklore musicale intatto. Rigetta il passato comunista e la dittatura ma nel contempo li ricorda come per restare ancorato almeno a un’identità. Ismail Kadaré, attualmente il più celebre scrittore albanese, nei suoi libri descrive non solo i freddi ingranaggi del regime comunista albanese, invadente anche nella sfera personale, ma pure le aspirazioni profonde del suo popolo, elaborando motivi storici e leggendari del suo Paese ancora in bilico fra passato e futuro, e con tanta voglia di essere rispettato e conosciuto per quello che è e non per certe immagini negative che propone la sua diaspora. © Fm / 3 maggio 2018

(3 – continua)

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