Questa è la quinta volta che l’Isis rivendica un attacco sul territorio francese in meno di 18 mesi. Gli obiettivi, tutti altamente simbolici, sono però diversi ogni volta: la libertà d’espressione, la comunità ebraica, lo sport, il mondo dello spettacolo, la “joie de vivre”, la polizia, le autorità, il simbolo della Repubblica, i cristiani…

Le Monde del 17 luglio 2016 scriveva che l’Isis “divide il mondo in cinque categorie: musulmani , un termine riservato solo per i membri della setta, gli apostati ovvero il resto dei sunniti, gli eretici ovvero sciiti e altre famiglie dell’Islam, e infine ebrei e crociati”. A proposito dei cristiani l’Isis aveva fino ad ora sempre affermato che essi avevano il diritto di vivere in territori da loro controllati a condizione di pagare una tassa, il jizia. Se non lo fanno sono lasciate loro tre scelte: la conversione, la fuga o la morte. Ma questa condizione è valida solo in tempo di pace e solo per i cristiani d’Oriente. Come afferma Gérald Arboit, direttore di ricerca al Centre français de recherche sur le renseignement, “il discorso dell’Isis sul cristianesimo prevale in Medio Oriente, non in Occidente. Nella logica jihadista i cristiani occidentali sono associati con i crociati e con la politica imperialista nei confronti dell’Oriente. Il crociato, appunto perché la lotta nei Paesi islamici, diventa un nemico prioritario”.

Il Cristianesimo occidentale non è stato risparmiato dalla propaganda del gruppo jihadista: il 20 luglio 2015  nel quinto numero della rivista in francese Dar al-Islam pubblicata dal gruppo media ufficiali dell’Isis, Al-Hayat, un articolo chiede di “puntare ad un luogo di culto in Occidente.” Potrebbe essere sia una chiesa sia una sinagoga. Nel caso della chiesa si può supporre che non è presa di mira in quanto tale, ma più come un luogo frequentato dai crociati. E oggi hanno scelto di attaccare un simbolo piuttosto che commettere un omicidio di massa. Aumentando così l’insicurezza e i traumi della e nella società francese.

“Ciò che queste persone vogliono è distruggere le nostre società, provocare una guerra di religione. L’unica risposta è la solidarietà. Non dobbiamo cadere nella trappola della divisione”, ha recentemente affermato padre Christian Delorme, figura di spicco del dialogo interreligioso a Lione. L’attacco a Saint-Etienne-du-Rouvray genererà tensioni tra le comunità religiose  in Europa? E’ quello che l’Isis vuole, e non bisogna permetterglielo. Come scrive L’Orient-Le Jour di Beirut all’indomani della strage “Ce n’est pas un musulman qui a tué un catholique. C’est le mal, tout simplement”.

 

Francesco Mismirigo, Lugano

(2’650 battute, spazi compresi)