Nello Yemen, in guerra da due anni, si continua a morire e il Paese è il gran parte distrutto. Ma la comunità internazionale non si mobilita e i media hanno ormai dimenticato lo Yemen. Eppure questo conflitto “dimenticato”, di rara violenza, è la chiave di molte tensioni regionali data l’importanza strategica di questo Paese e gli interessi coinvolti nel conflitto. La sicurezza nel Mar Rosso ne dipende e, con essa, gli interessi strategici di Stati Uniti, Israele e Paesi del Golfo.

In realtà oggi la situazione è bloccata. In due anni di bombardamenti aerei intensivi e di lotta sul terreno, la carta militare non è cambiata molto: i combattenti Ansarullah (chiamati anche Houthi in riferimento al fondatore di questo gruppo) controllano il nord del Paese e la capitale Sanaa, mentre le forze del deposto presidente Abed Rabbo Mansour Hadi, sostenute da Arabia Saudita e dalla coalizione condividono il controllo del sud dello Yemen con le forze di al-Qaeda e di quelle di gruppi terroristici recentemente costituitisi nella regione, in particolare l’Isis. E solo l’Isis oggi sta guadagnando terreno nella parte orientale e sud del Paese. Ciò che costituisce una potenziale minaccia per la sicurezza del passaggio attraverso il Mar Rosso di navi e petroliere.

Tutti i tentativi effettuati fino ad ora volti a cercare un accordo politico sono falliti. Gli ultimi negoziati si sono svolti recentemente nel Kuwait sotto gli auspici delle Nazioni Unite mentre gli attacchi aerei continuano. Lo stallo è principalmente dovuto alla caparbietà dell’Arabia Saudita a voler tornare allo status quo che esisteva prima dello scoppio della guerra, cioè costringere Ansarullah a ritirarsi da Sanaa. Nel frattempo, l’influenza dell’Isis sta crescendo nel sud. La Siria insegna: una guerra si sa come inizia, ma non si sa come può finire, e se continuiamo ad ignorare questa guerra lo Yemen del Sud potrebbe diventare una nuova roccaforte di terroristi.

Fm / 30 settembre 2016