Viviamo in uno Stato in cui chiediamo trasparenza a tutti e a tutto, alle banche alla società e all’amministrazione per sapere cosa si fa con i soldi, pubblici e privati. Quindi mi sembra normale chiedere quali sono i finanziamenti che sostengono pure centri di di ogni genere di culto. In particolare, ma non solo, quando ci potrebbero essere dei fondati dubbi su certe loro attività”.

In Francia ci si chiede da tempo se sia l’Arabia saudita a star dietro ai finanziamenti dei centri musulmani. A quanto pare  più dell’Arabia saudita si fanno i nomi del Qatar e degli altri emirati della zona. L’Arabia saudita in Francia sostiene la costruzione di moschee, ma non sembra fare regolare proselitismo anche perché loro sono dei wahhabiti e a volte si scontrano con i salafiti invece più presenti in Francia, e che non per forza perseguono gli stessi obiettivi. Non dimentichiamo che c’è pure una Lega islamica mondiale con sede alla Mecca che decide gli orari delle preghiere nel mondo. E’ molto potente e potrebbe essere pure coinvolta nei finanziamenti, sia in Svizzera sia all’estero. A Losanna, per esempio, funziona il sistema delle quote pagate dai membri e questo, a livello associativo è anche normale. Ma sappiamo tutti che i soldi possono arrivare puliti dopo essere stati sporchi.

A proposito dell’influenza turca sui centri islamici elvetici Turchia è utile ricordare che in Bosnia nel 2013 mi aveva stupito il numero di centri culturali turchi e iraniani. La Turchia e l’Iran sono stati due introiti fondamentali per la rinascita della Bosnia. E’ chiaro che se questi Paesi sostengono la ricostruzione, in cambio vogliono qualcosa. A Sarajevo era flagrante la presenza dei negozi, dei centri culturali sia iraniani che turchi. Penso che faccia parte della logica di molti Paesi. Per anni, del resto, lo ha fatto anche il Vaticano nel sostenere la costruzione delle chiese. Sul fatto che il centro religioso di referenza sia poi quello che finanzia non dobbiamo quindi stupirci.

In Ticino il problema è che esistono molte correnti musulmane che però non collaborano molto fra di loro. C’è la Lega dei musulmani, la Comunità islamica , l’associazione turco-islamica, quella dei kosovari, i bosniaci, il luogo di culto a Giubiasco, la biblioteca islamica a Chiasso, il Centro culturale Imam Ali degli sciiti, ECC. È un mondo estremamente diviso. Ufficialmente sembrano andare d’accordo. Ma sono spesso solo sorrisi di facciata. Molti di loro si lamentano di essere costretti a pregare in scantinati. Dicono spesso che manca loro un luogo di culto. Siccome manca davvero il luogo di culto degno di questo nome e siccome ci sono dei luoghi come a Berna, ovvero la Casa delle Religioni, perché non realizzare davvero un luogo di culto comune per tutte le correnti musulmane del Cantone, ma con finanziamenti trasparenti? Il vantaggio principale sarebbe che a questo punto non ci sussisterebbero più molti dubbi su chi finanzia, su chi è il promotore e su chi è l’imam di turno che viene. Se l’importante è avere un posto dove pregare che non sia una cantina, perché non costruire assieme un luogo di culto che però sia trasversale, che vada bene a sunniti e sciiti e alle varie correnti dei sunniti, e che sia cofinanziato in modo trasparente? A questo punto si può benissimo accettare la costruzione secondo parametri dettati dall’autorità cantonale.

Comunque il fatto che certi centro religiosi siano finanziati da governi esteri (Turchia o Monarchie del Golfo) non per forza significa che questi centri o questi fondi servano a veicolare idee fondamentaliste. Non bisogna amalgamare tutto. Come non bisogna poi non denunciare altri soldi sporchi diventati puliti che transitano dal nostro Paese o utilizzati a scopo bellico, focalizzando quindi solo l’attenzione sull’aspetto religioso del mondo islamico e meno sulla sua potenza economica.

L’Islam in Ticino è una piccola realtà ma molto variegata e non sempre identificabile con la base stessa dei fedeli. Spesso i media danno voce soltanto ad una sola componente dell’Islam in Ticino, quella con maggiore visibilità ma non per forza la più rappresentativa. Ricordiamo che la stragrande maggioranza dei musulmani in Ticino non è arabofona ma proviene dai Balcani e dalla Turchia. Si tratta invece di un mondo molto più composito e variegato su cui non esiste attualmente alcuno studio scientifico. Ecco perché il Dipartimento delle istituzioni ha dato mandato di recente alla SUPSI per tracciarne un profilo attendibile, per capire quali sono i gruppi, chi ne fa parte, quali sono i loro referenti. Lo studio dovrebbe essere pronto per la fine dell’anno prossimo.

Negli ultimi anni anche in Ticino si è notata una certa poca comunicazione e collaborazione fra le varie correnti dell’Islam e una mancanza di prese di posizione veramente nette su certi drammatici fatti internazionali che volente o nolente coinvolgono musulmani e Islam. E non si capisce il perché: direi che c’è qualcosa che ci sfugge. In effetti, si trovano in un territorio neutro, molti di loro hanno scelto di lasciare i loro Paesi anche per questi motivi. Ora sono qui e tuttavia rischiano di riprodurre gli stessi schemi. È per questo che in casi come quello della mano che i ragazzi di Basilea campagna non vogliono dare alla professoressa bisogna essere chiari. E non bisogna transigere. Così come per rispetto non si passeggia in bikini in centro del Cairo anche da noi ci sono valori da rispettare. Da entrambe le parti ci sono valori e principi sui cui è difficile, se non impossibile, transigere.

Francesco Mismirigo, 20 aprile 2016