Ticino: terra di tutti e di nessuno, «pezzo di Lombardia», incuneato nella stessa, dove coabitano microcosmi che non sembrano voler formare un tutt’uno; paradiso turistico e finanziario, soffocato da un’iconografia « kitsch » da cui non riesce a liberarsi, e che fin dal 1803 cerca disperatamente una sua identità. E quando si parla d’identità si pensa all’italianità, intesa soprattutto nella sua dimensione linguistica. Ma la lingua, realtà viva, muta col tempo e se la nostra è ricca di calchi su modelli stranieri, ciò è una realtà di cui va preso atto giacché viviamo quotidianamente le influenze delle altre lingue nazionali (ed è un problema che interessa anche la vicina Italia nei confronti dell’inglese), e non deve suscitare reazioni di stampo puristico.

La chiave del problema, per noi svizzeri di lingua italiana, non è solo la nostra lingua relativamente minacciata. Ciò che dovrebbe preoccupare è l’atteggiamento di fondamentale chiusura culturale che dura ormai da decenni: l’autarchia con la quale si cerca a tutti i costi una definizione dell’essere ticinesi, in opposizione all’essere italiani o svizzeri tedeschi. Ciò testimonia una profonda incertezza e uno smarrimento proprio perché oggi il ticinese, salvo una ristretta élite, è poco propenso all’identificazione culturale con l’Italia. E ciò è però comprensibile se pensiamo a certi modelli culturali televisivi veicolati dall’Italia o a certi modi di vivere la quotidianità in Italia.

Il ticinese che si ritiene tale, residente o indigeno, crea cosi promesse ingannevoli per ritenersi efficiente ed autonomo in tutto. L’incertezza s’installa e siamo vieppiù sballottati fra la nostalgia del passato e la globalizzazione e le necessità economiche che spostano sempre più il nostra polo, o centro di equilibrio, verso nord. Inoltre, mentre i confederati forniscono ben pochi contributi tangibili alla difesa delia nostra identità, per il resto della Svizzera il Ticino diventa sempre più una nozione vaga, un Paese dimenticato, un Cantone che si lamenta, dopo essere stato per vent’anni un fenomeno da baraccone. Salvaguardare l’italianità in Svizzera significa difendere l’essenza stessa del nostra Paese inteso come una Confederazione solidale fra stirpi differenti. Perciò si dovrebbe sempre guardare con simpatia a tale salvaguardia e alle realizzazioni di una cultura minoritaria che va difesa e aiutata a (ri)aprirsi alle sue origini lombarde.

Francesco Mismirigo, 23 ottobre 2016