Chi attraversa in auto le immense distese fra il Nevada, l’Arizona e il New Mexico spesso non solo non incontra anima viva e nessuna stazione di benzina, ma pure nessun centro abitato. Bisogna saper uscire dalle freeways senza identità, lasciarsi ispirare dalle dolci e melanconiche canzoni di Patsy Cline e imboccare strade a volte diritte come un colpo di spada, che sembrano portare nowhere. Ed invece, eccole lì, appaiono dietro ad una collina secca e arida come il fondo di un secchio arrugginito che rotola fra massi e sterpaglie, spinto da un vento a volte bollente. Ecco le Ghost Towns. Città fantasma, effimeri agglomerati abitati spesso da canaglie e persone di malaffare, nati fra la fine dell’800 e l’inizio del 900, vissute giusto il tempo di scavare ed esaurire una miniera, di conquistare con la violenza terre non loro, di  sistemare binari del treno o di creare utopiche comunità religiose.

Molte di loro di Ghost hanno ormai ben poco siccome sono diventate in gran parte delle attrazioni turistiche. Ma se si sanno prendere le strade meno frequentate, quelle che lasciano dietro alla Chevy di turno un’enorme nuvola di polvere alla Thelma e Louise allora si riesce a scoprire quel che resta di un mondo che per l’americano medio contemporaneo è “very old”: poche pareti in legno ancora in piedi, vecchie scritte illeggibili, pezzi di ferri, di chiodi e scatole di conserve arrugginiti ovunque, ruote di carri e carri ormai inutilizzabili, resti di diligenze e di materiale ferroviario, qualche cucchiaio, bottiglie di vetro. Il tutto accanto a tuguri contemporanei dove ancora vive un’America alternativa ma pure molto conservatrice. Così si presentano ad esempio Golden e Madrid, sulla strada statale 14 che collega Albuquerque a Santa Fé, nel New Mexico.  Oppure Steins, città nata con la ferrovia, pure nel New Mexico sulla nazionale 10 fra El Paso e Tucson, Arizona, nel bel mezzo di un deserto di pietre . Nel 1856 un certo capitano Steins degli US Dragoons si accampò in zona e diede il nome al luogo dove nel 1858 arrivò il telegrafo. Poi, dopo la guerra civile e con la costruzione della ferrovia Steins diventò una tipica città da film western: due saloons, una dance hall, un tribunale. L’acqua costava un dollaro al barile. E sicuramente un becchino. L’ambiente alla Lucky Luke è ancor oggi presente grazie all’unico edificio rimasto intatto, lo Steins Mercantile, e ad alcune case in legno in cui si può dormire in ambienti autenticamente d’epoca.

L’Arizona è ricca di città fantasma, che di fatto continuano a vivere, m che conservano intatte le caratteristiche dell’epoca. Bisbee, fondata attorno al 1880 sul confine con il Messico, si sviluppò grazie al rame, presente in abbondanza nel sottosuolo. Il ricco passato della città, allora fra le più importanti degli Stati Uniti e la cui borsa era collegata con mezzo mondo, lo si vede dalle eleganti facciate dei palazzi del centro che cercavano di imitare sia New York sia la City londinese. Poi la miniera si esaurì, ma lo statuto di capoluogo di contea permise alla cittadina di restare attiva e oggi attira molti artisti attratti dal paesaggio e dal clima. A nord di Bisbee troviamo la celebre Tombstone, la pietra tombale, dell’OK Corral fondata nel 1877. Nonostante, o grazie alla massa di turisti l’atmosfera è rimasta intatta: case di legno con porticato, strada sterrata, marciapiedi di legno, stalle per i cavalli, saloons, bordelli, casinò, banche, negozi e il celebre giornale “Epitaph”. Tutto come in un film. L’amore per le armi da fuoco qui è più che palpabile. L’Arizona conta oltre 30 città fantasma. Molte decisamente all’abbandono, altre come Jerome, Stanton o Pearce, oltre a quelle citate sono man mano restaurate con cura.

Poi troviamo pure numerosi resti della colonizzazione religiosa spagnola risalente al 600 e al 700. Come Tumacacori nel Sud dell’Arizona, che conserva quasi intatta una bellissima chiesa barocca della missione francescana di San José. Costruita nel 1691 e distrutta da un attacco Apache nel 1848. Oppure come il celebre Fort Union, in New Mexico, di cui resta poco, che proteggeva lo storico Santa Fé Trail, la strada dei coloni e conquistatori che andavano verso la California . Fondato nel 1851 e abbandonato nel 1891, era una delle principali last frontiers che difendeva militarmente la conquista del Wild West e di fatto contribuiva al genocidio dei pellerossa. Si dice che per capire la Storia americana di quell’epoca basta guardare dei vecchi film westerns. Bisogna ammettere che spesso sono molto realisti. Ma non sostituiscono le impressioni vissute sul posto. Come le grandi sensazioni di vuoto, di solitudine e di paura che si provano nell’essere lontano da tutto e da tutti. Li, come nei fiordi dell’Alaska, capisci veramente cosa dovevano provare i poveracci che dopo aver lasciato la miseria in Europa si ritrovavano spersi in un mondo selvaggio dove solo la lotta per la sopravvivenza era legge. Ma quei tempi sono finiti. Quindi le armi oggi non devono più far parte del DNA americano. Ma questa è un’altra storia. © Fm / 29 agosto 2018

(1 – continua)

Come arrivare: in aereo a Tucson, Phoenix, El Paso o Albuquerque da qualsiasi Hub aeroportuale USA. Poi auto a noleggio, il miglior modo per visitare gli angoli più reconditi di queste immense distese desertiche. Cosa quasi impossibile da fare in treno o con i bus della Greyhound