Si parla spesso del muro che separa israeliani e palestinesi fra Betlemme e Ramallah. Ma pochi sanno che negli ultimi 30 anni Israele ha chiuso con barricate quasi tutto il suo territorio costruendo alte fortificazioni lungo i suoi confini: con il Libano a nord, sul Golan siriano a nord-est, in Cisgiordania e con la Giordania a est, e con l’Egitto e la striscia di Gaza a sud-ovest, utilizzando filo spinato, muri di cemento e sistemi di sorveglianza. Per gli oppositori queste mura illustrano la politica ostile dello Stato ebraico. Per il governo israeliano si tratta invece di misure preventive volte a proteggere il suo territorio e la sua popolazione da attacchi e minacce esterne. Una politica di difesa che ci riporta gli albori alla memoria ebraica e più specificamente alla cittadella di Masada, eretta da Erode il Grande, re di Giudea tra il 37 e il 15 A.C., in cima a un altopiano roccioso affacciato sul Mar Morto. Nel 73 D.C. mille zeloti, un gruppo di ebrei ortodossi e integralisti, assediati dalle legioni romane preferirono uccidersi collettivamente piuttosto che arrendersi.

Ecco dunque l’elenco delle barriere e dei muri costruiti dallo Stato ebraico ai suoi confini con Libano, Siria, Palestina, Giordania, Gaza ed Egitto.

LIBANO

Il 30 aprile 2012 gli israeliani avviano la costruzione di un muro di cemento lungo due chilometri, alto da 7 a 10 metri, vicino al villaggio di Kfar Kila, nell’estremo sud-est del Libano, di fronte all’insediamento israeliano di Metula. Il lavoro è supervisionato dalla Finul e dall’esercito libanese. Le autorità libanesi non si oppongono alla realizzazione del muro fintanto che non invade il territorio libanese. Deciso dal governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, questo muro è stato completato nel giugno del 2012 e sostituisce la precedente semplice recinzione. Ma ci sono nuovi progetti di muro lungo il confine libanese. Le autorità israeliane stanno infatti progettando di costruire due muri: uno che prolunga la barriera Kfar Kila per tre chilometri più a sud; l’altro, dalle rive libanesi del Mediterraneo per sette chilometri a est. Questo muro alto sette metri raddoppierà le barriere di sicurezza esistenti. La loro costruzione è stata decisa in seguito alle minacce del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, di lanciare azioni offensive in direzione della Galilea in caso di un nuovo conflitto con Israele. Il problema è che queste nuove mura potrebbero passare anche in territorio libanese, all’interno dei confini internazionali ufficiali del 1923. E’ questa è una delle fonti di grave crisi attuale fra i due Paesi.

SIRIA

Nel gennaio del 2013 mentre infuria la guerra in Siria Benjamin Netanyahu annuncia la costruzione di una barriera di sicurezza lungo la linea di demarcazione del 1967 sulle alture del Golan, per proteggersi da “incursioni e terrorismo”. Questa recinzione di filo spinato e torri di avvistamento si estende per quasi 70 chilometri, dalle pendici del monte Hermon al confine con la Giordania. Occupata durante la Guerra dei Sei Giorni, questa parte delle alture del Golan, rivendicata ancora dalla Siria, fu annessa unilateralmente da Israele nel 1981, una decisione che non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale.

CISGIORDANIA

Nel 2002, nel bel mezzo di un’ondata di attacchi palestinesi durante la seconda Intifada, allo scopo di “proteggersi dalle incursioni” Israele inizia a costruire un muro lungo la Linea Verde che separava fino al 1967 il territorio israeliano dalla Cisgiordania. Le autorità ebraiche pensano che questo muro di separazione alto 9 metri sia necessario per “salvare vite israeliane impedendo fisicamente l’incursione dei terroristi palestinesi”. Completata a due terzi, la barriera comprende sezioni sotto forma di recinzione e altre in cemento e dovrebbe essere lunga ca 712 km. L’esistenza di questo muro, compresi gli insediamenti israeliani all’interno della West Bank e popolati da circa 600.000 coloni, sono oggetto di accese discussioni. Per i palestinesi è uno dei simboli più odiati dell’occupazione israeliana, considerato come un “muro della vergogna” o “muro dell’apartheid”. Per loro il muro è nel contempo un luogo di protesta e un luogo di espressione politica e artistica. Il 21 ottobre 2003 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta una risoluzione che condanna la costruzione di un muro che invade il “territorio palestinese occupato” con 144 voti favorevoli e 4 contrari. Il 9 luglio 2004 la Corte internazionale di giustizia afferma che la costruzione del muro è contraria al diritto internazionale.

GAZA

Israele ha completato nel 1996 la costruzione di una barriera metallica e di cemento che circonda la Striscia di Gaza. Cinque punti di attraversamento, incluso quello di Rafah con l’Egitto, consentono l’ingresso nell’enclave palestinese. Alcuni mesi fa Israele ha iniziato la costruzione di una barriera sotterranea per contrastare la minaccia di incursioni palestinesi attraverso i tunnel.  Questo muro di cemento sarà dotato di sensori per rilevare eventuali attività sotterranee. Una nuova barriera alta otto metri sarà eretta sulla superficie del muro sotterraneo che dovrebbe essere completato nel 2019. Durante l’ultimo conflitto, nel 2014, gruppi armati palestinesi hanno spesso fatto ricorso a questi tunnel.

GIORDANIA

Nel 2016 Israele ha completato una “barriera di sicurezza” al confine sud-orientale con la Giordania, uno dei pochi Paesi arabi, con l’Egitto, con cui Tel Aviv ha concluso un trattato di pace. Questa recinzione, costituita da strade, torri di avvistamento e centri operativi, corre per 30 chilometri tra la città balneare israeliana di Eilat e il Parco Nazionale di Timna, più a nord, dove fu costruito un nuovo aeroporto.

EGITTO

Alla fine del 2010 le autorità israeliane hanno infine iniziato la costruzione di una barriera di oltre 200 chilometri al confine con l’Egitto, con l’obiettivo di impedire l’ingresso di migranti africani, principalmente dal Sudan o dall’Eritrea che tentano di entrare illegalmente in Israele dal deserto del Sinai. Completato nel 2013, il recinto corre dalla Striscia di Gaza al Mar Rosso. Alto 6 metri, è circondato da sezioni in cemento e filo spinato ed è coperto da sensori. Questa barriera è stata costruita con l’approvazione delle autorità egiziane perché non invade il suo territorio.

“Un giorno, lo stato di Israele, per come lo vedo io, sarà protetto da tutti i suoi confini da una barriera di sicurezza”, affermò Netanyahu nel febbraio 2016. Se la volontà di Israele di scegliere di proteggersi rinchiudendosi in una quasi prigione a cielo aperto è legittima, la stessa lo è meno non solo quando i muri sono costruiti su territori di altri Stati come in Libano e nei territori occupati come in Cisgiordania, ma pure quando servono a isolare, ostacolare le attività quotidiane e a separare fra loro membri di una stessa comunità che, alla pari degli israeliani, hanno tutti i diritti di vivere nella loro terra.

I muri impediscono lo scambio, la conoscenza reciproca e il dialogo. A causa del terrorismo e dell’Isis quelli con l’Egitto e la Siria si possono capire. Meno quelli con Giordania, Libano, Gaza e lo Stato di Palestina: invece delle continue minacce Israele dovrebbe poter cercare delle forme di collaborazione politica, economica e culturale. Anche se Hamas o Hezbollah non fanno il primo passo, perché non lanciare per primi dei segnali di distensione? Pia e pura illusione? Forse…

Infine, anche se la situazione non è assolutamente la stessa, la costruzione attuale di muri, specialmente quelli in Cisgiordania, non può non far pensare alle segregazioni subite dagli stessi ebrei ad esempio in Polonia. Le restrizioni alla vita della popolazione ebraica del ghetto non si limitavano alla residenza coatta all’interno dello spazio circondato dal muro: le comunicazioni furono proibite, le linee telefoniche e tranviarie furono interrotte. E chi vive oggi in Cisgiordania spesso si sente segregato, isolato o impedito nella libertà di movimento. Fm / 20 febbraio 2018 (fonte L’Orient-Le-Jour – foto L’Orient-Le-Jour)

Per memoria: Muranow, il quartiere ebraico di Varsavia, si trovava ad ovest della Città Vecchia e fu realizzato nel XVII secolo dall’architetto veneziano Giuseppe Bellotti. Il suo nome lo deve all’isola di Murano Qui prima della seconda guerra mondiale abitava la più grande comunità ebraica d’Europa, seconda nel mondo solo a quella d New York, che contava circa 380 mila persone, il 30% della popolazione complessiva di Varsavia. Poiché era un quartiere abitato da ebrei, nel 1940 i nazisti vi stabilirono il Grande Ghetto, isolato da un muro in mattoni alto 3 metri e ricoperto da filo spinato. Il 19 aprile del 1943 i sopravvissuti, si parla di 50 mila persone, imbracciarono le armi e diedero vita ad una rivolta: l’insurrezione durò 3 settimane fino a quando i tedeschi rasero al suolo il ghetto. Dopo la guerra vi è stato ricostruito un quartiere in stile sovietico. Resti del muro del ghetto si trovano tra le case di ul. Sienna 55 e ul. Zlota 62 e in ul. Waliców. – https://www.varsavia.info/quartiere-ebraico/

Un film: “Lemon Tree”, film israeliano del 2008 diretto da Eran Riklis. Racconta la battaglia legale di una donna palestinese in difesa del proprio limoneto e affronta il lungo conflitto israelo-palestinese, descrivendo l’inatteso coinvolgimento della moglie del Ministro della Difesa israeliano. Il film illustra l’assurdità per la gente comune palestinese, ma pure israeliana, del vivere separati in casa propria.