Amo questi pomeriggi d’inverno, quando arriva la neve. La senti arrivare. Mentre una leggera nebbiolina azzurra ricopre il paesaggio. Ecco apparire come d’incanto alberi spogli, campi arati, masserie, alcuni cavalli, fumo dai camini e alcuni fuochi accesi. Nella nebbia e nella neve che scende il paesaggio muta, cambia, ti riporta indietro. E nasconde il presente. il Ticino sembra un’opera di Aldo Patocchi. Ritornano gli odori della terra umida, delle foglie secche, della legna nei camini, dei passi nella neve. E di nuovo senti le cornacchie, tante. E’ un viaggio nel tempo, un ritorno al passato, a un lontano passato quando questo Ticino era forse più povero. Ma non era ancora un povero Ticino. Nella nebbia, e con la notte incipiente, arriva il silenzio e con la fantasia e il desiderio si viaggia: spariti i capannoni, sparito il traffico e gli ingorghi, sparita la speculazione edilizia, spariti i centri commerciali. Si ritorna a un’altra dimensione fatta non solo di ricordi ma soprattutto di quell’essenza tipicamente nostrana che c’è in molti di noi ma tanto, troppo bistrattata, e troppo respinta, che ti fa sentire parte integrante di questa terra, che è la tua. E’ in questi momenti che ti senti veramente a casa. Ma poi domani è un altro giorno. Fm / 10 dicembre 2017