Il suo nome, Zanzibar o “terra dei neri”, deriva dal persiano ed evoca immediatamente antiche leggende e storie di pirati e negrieri, di commercianti di spezie e di schiavi. Già citata nel “Periplo del mare Eritreo” scritto nel 1° secolo dopo Cristo da un commerciante greco, nel corso dei secoli quest’isola subì varie dominazioni che oggi sono in grado di affascinare il viaggiatore rispettoso grazie al particolare abbinamento fra le civiltà arabe e africane e alla secolare presenza d’etnie e culture diverse.

Fu proprio la migrazione del popolo persiano – proveniente da Shiraz occupò l’arcipelago dal 900 al 1503 e fondò pure importanti città quali Mogadiscio in Somalia – a rendere l’isola un centro fiorente per il commercio di avorio, spezie e schiavi. Con le sue ricchezze la terra delle avventure del marinaio Simbad delle “Mille e una notte” attirò dal 1497 Vasco de Gama e i portoghesi che dominarono poi brutalmente l’Isola fino al 1726.

Seguì poi la dominazione degli arabi omaniti che controllavano allora tutte le coste dell’Oceano indiano dal Beluchistan a Zanzibar. La costa swahili entrò così in una nuova era politica e commerciale di grande sviluppo. Nel 1840 il sultano Said trasferì su questa piccola isola pianeggiante addirittura la capitale dell’Oman, che allora come oggi era Mascate. In pochi anni Stone Town divenne il più grande mercato della costa orientale dell’Africa. Nel 1850 l’isola conquistò il monopolio del mercato mondiale del chiodo di garofano che arricchì schiere di mercanti arabi e indiani.

Intrighi e rivalità interne indebolirono il potere e permisero l’arrivo degli inglesi che abolirono il traffico degli schiavi nel 1873, e nel 1890 trasformarono quest’arcipelago situato a soli 40 km dalla costa continentale del Tanganika, allora colonia tedesca, in un protettorato britannico. Con l’apertura del Canale di Suez l’Isola di Smeraldo divenne la porta dell’Africa: da Zanzibar partirono grandi esploratori quali Livingstone e Stanley alla ricerca delle mitiche sorgenti del Nilo.

Nel 1963 divenne indipendente per pochi mesi: infatti, dopo una sanguinaria rivoluzione contro il colonialismo arabo il clima di terrore cessò e l’isola si unì all’ex-colonia vicina, diventata dopo il 1918 britannica, e contribuì ad imporre il nome ad un nuovo vasto stato socialista, la Tanzania. Oggi sull’isola delle Spezie e su Pemba, oltre a spiagge selvagge e incontaminate, intrighi di mangrovie, foreste tropicali, palmizi, baobab e piantagioni di mango, troviamo ovunque splendide e maestose dimore coloniali inglesi e omaniti dalle porte riccamente decorate, moschee, bazaar, fortezze e palazzi di sultani, rovine persiane e portoghesi. Insomma, un’isola mitica, unica, irripetibile, un misto di razze e religioni assurto a simbolo della tolleranza fra le culture, minacciato però da un turismo di massa incalzante. Fm / 9 gennaio 2018

Nessun consiglio di viaggio siccome questa destinazione è stata per ora solo immaginata, e non vissuta !