Strana società quella omanita: ca il 60% dei 4 milioni di abitanti sono indigeni, gli uomini sono (quasi) tutti vestiti di bianco, con barba molto curata e colbacco, molto amichevoli e accoglienti. La maggior parte di loro lavora per lo Stato e beneficia di tutti i vantaggi sociali e economici. Circa il 40% sono invece stranieri, vestiti di blu se lavorano all’esterno, oppure di bordeaux nei resort turistici. A loro spetta il pagamento di ogni servizio sociale ed economico ricevuto. La presenza storica di commercianti indiani ha fatto sì che l’hindi sia capito in alcune aree urbane. La conoscenza dell’inglese è diffusa al punto che insegne e indicazioni stradali sono riprodotti sia in arabo sia in inglese.

Le donne hanno invece una visibilità assai ridotta. Pur avendo molti più diritti che in Arabia Saudita, il genere femminile è quasi assente dalla via pubblica. Strana società dunque, composta in pubblico solo da maschi, molto spesso più che colleghi o amici fra loro, e di donne da proteggere (sic!). Le donne sembrano escluse da tutto, ma non è così. Infatti, secondo il sultano “se l’energia, le capacità e l’entusiasmo delle donne dovessero essere esclusi dalla vita attiva del Paese, il Paese stesso verrebbe privato del cinquanta per cento del suo genio”.

La figura del sultano spiega in gran parte questa situazione. Molto amato giacché ha traghettato il Paese dal medioevo alla modernità in 40 anni, il sultano illuminato si chiama Qaboos bin Said al Said. Ha barba, baffi e turbante e suoi ritratti e gigantografie sono ovunque. Regna dal 1970, non è sposato e non ha figli e non esibisce nessun harem femminile. Una scelta coraggiosa in un mondo, quello arabo-musulmano, in cui l’eterosessualità machista, anche se solo di facciata, è molto importante. La sua sensibilità, la sua influenza e il suo carisma si notano anche nelle scelte da lui fatte privilegiando la costruzione di importanti centri culturali e religiosi a Mascate e il restauro di numerose fortezze storiche. Fm /25 settembre 2017

 

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