Il vagone del treno di notte croato partito da Ginevra alle 23.05 è semi deserto: quasi tutti sono scesi al mattino presto a Venezia mentre solo pochi continuano verso il terminus, Zagabria. Improvvisamente appare un castello che mira il mare e un agglomerato di case bianche ai piedi dello spalto carsico. Ecco Trieste.

Città frontiera austro-ungarica, slava e italiana nel contempo, quest’importante porto del Mediterraneo è un misto di Vienna e di Venezia, e dove ogni pietra sembra essere un invito al ricordo. Seconda città slovena dopo Ljublijana, fu anche l’unico vero porto dell’impero defunto nel 1918. Secondo lo scrittore Scipio Slataper Trieste è la città del si, dello ja e del da: un melting-pot di tre culture che creano la sua identità. Anche se la città ha dato i natali a celebri scrittori alla ricerca perpetua di un’identità come Umberto Saba, Italo Svevo, Claudio Magris. Ma ne ha attirati pure molti, affascinati dalla sua melanconia tipicamente mitteleuropea: James Joyce, Rilke, Daniele Del Giucide, Stendhal.

La città, spesso avvolta da un violento e gelido vento, ha un’eleganza architetturale rettilinea di stile Liberty che le permette di coltivare con cura la sua nostalgia. Spesso sembra addormentata, assorta in un lungo sogno dove i fantasmi del passato la fanno da padrone: porta dei Balcani, porto dei paesi danubiani, ultimo lembo italico e avamposto del fascio, territorio rivendicato da una Yugoslavia comunista nascente, territorio libero dal 1947 al 1954 e ultimo lembo d’Unione Europea con vista sui massacri serbo-bosno-croati fra il 1991 e il 1995. E quando a Natale soffia il vento si fugge dal Canal Grande, da Via San Nicolò e dall’ottocentesca Piazza dell’Unità per rifugiarsi in uno dei numerosi e tradizionali Caffè, come il Tommaseo, fondato nel 1825, con i suoi walzer viennesi, oppure il Tergesteo o il Caffè Illy.

Col bel tempo si sale invece in tram da Piazza Oberdan fino all’Obelisco per ammirare da Opicina il Carso “oltre cortina” e il Golfo, o sul Colle di San Giusto, dove sorse il nucleo primitivo della città, una colonia romana dal nome di Tergeste, e dove si erge la Cattedrale del ‘300 e il Castello veneziano. Lontano, ma non troppo, verso sud, sulla strada per Pola, troviamo la Risiera di San Sabba, in Via Ratto della Pilera 43, tristemente famosa come campo di sterminio nazista dove perirono dalle 3000 alle 5000 persone. Poi, trascinando la sua coscienza, Zeno lascia questo microcosmo asburgico, ancora oggi limes immaginario dell’Occidente, e dal Molo Audace naviga verso le vicine acque di smeraldo, gli ulivi e la terra rossa delle isole croate che furono per secoli del Leone di San Marco. © Fm / 3 luglio 2018

Come arrivare: in treno via Milano con cambio a Venezia. Oggi Trieste è un triste terminus di treni regionali. I diretti per i Balcani passano ormai da Villach. In auto autostrada A4

Dove dormire: Grand Hôtel Duchi d’Aosta, sulla centrale Piazza dell’Unità d’Italia

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