La ferrovia causò in Ticino la prima crisi del principio della territorialità, rispettato invece durante il dominio dei balivi. E portò il tedesco e i tedeschi lungo tutto il suo percorso, sotto forme spesso arroganti o paternalistiche: scritte in gotico, pubblicità in tedesco, personale e quadri monolingui. La colonia scelse la segregazione piuttosto che l’integrazione e il rispetto della cultura locale, con giornali, scuole e associazioni di lingua tedesca, con conseguenze visibili ancor oggi.

Poi ebbe inizio la scoperta della mitica Sonnenstube che il paternalismo alemannico sognò abitata da un altrettanto mitico popolo allegro dedito ai piaceri di vino, musica e danza. Il Ticino si accomodò con colpevole accondiscendenza a tutto ciò nonostante le reazioni contro l’intedeschimento e per la difesa dell’italianità. A causa dell’irredentismo, della difesa spirituale e dell’elvetizzazione del Cantone durante gli anni 20 e 30, per molti ticinesi l’Italia non fu più il punto di riferimento culturale ed economico.

Come antidoto o alternativa all’Italia fascista si sviluppò il nazionalismo cantonale e il mito di una civiltà autoctona: nella nazionalità ticinese si riunivano i pregi di quelle italiana e svizzera, evitandone i difetti. Il Ticino pensò di liberarsi così dal senso di inferiorità nei confronti dei tedeschi. Agli inizi degli anni 50 si ritrovò però ai piedi della scala, prigioniero della sua specificità creata ad hoc: la reazione all’arroganza fascista non si giustificava più ma il contatto con l’Italia non era più lo stesso. Il Ticino, non più terra di emigranti, conobbe nuove ondate migratorie che non seppe gestire: il primo di masse di lavoratori dall’Italia meridionale e di confine attirati dal boom economico e dai quali il ticinese voleva economicamente e socialmente distinguersi pur condividendone la lingua; il secondo dalla Svizzera tedesca e dalla Germania di gente alla ricerca di terreni e immobili che ingigantirono il fenomeno della svendita del territorio e della speculazione edilizia.

La concomitanza di queste due correnti immigratorie produsse, oltre al facile arricchimento di un Ticino che preferì svendere anima e corpo, pesanti conseguenze sul territorio che subì radicali trasformazioni. Molti ticinesi si sentirono smarriti, senza identità, ebbero paura dell’irruzione incontrollata della modernità e trovarono facili vie di scampo nella nuova destra apparsa nel 1991. © Fm / 18 dicembre 2018