Gli anni 80 sono stati forse un’eccezione nella Storia del Ticino: durante quel decennio il Cantone maturò infatti la consapevolezza di essere una “regione aperta” e pensò le proprie strategie economiche e politiche guardando dinamicamente oltre le frontiere. E abbandonò finalmente il complesso di regione periferica, piagnucolante e mendicante nei confronti di Berna e a rimorchio di Zurigo. Sono gli anni del turismo di massa, grazie anche all’apertura della galleria stradale del San Gottardo nel 1980 e all’inserimento di Lugano nelle rotte aeree commerciali grazie alla mitica Crossair.

Sono gli anni in cui l’Ente ticinese per il turismo (ETT) si accorge dei pericoli che si nascondono dietro la facile svendita del territorio, dell’anima e della cultura: l’ETT dà allora orgoglio e fierezza al Cantone denominandolo “Ticino, terra d’artisti”. Così ci scopriamo un po’ tutti figli di una terra ben più vasta, oltre il nostro provinciale triangolino, la Regio Insubrica, e nipoti di celebri scalpellini, stuccatori, architetti e artisti, e non solo di povera gente.

Negli anni 80 il Ticino apre musei, pinacoteche e teatri, restaura chiese romaniche ma distrugge ville, palazzi e quartieri dell’800, prepara la sua Università, arrivata poi solo nel 1996, costruisce strade, posteggi e capannoni, inaugura banche firmate, alberghi e ristoranti di lusso per una clientela soprattutto italiana pregiata e discreta. Le sue notti si riempiono di jazz, blues e salsa. La sua identità si mette finalmente in cammino. Ma come tutti i sogni anche questo finisce: il 10 gennaio 1991, dopo i festeggiamenti per il 700° e il recupero urbanistico di Bellinzona, anche se il Cantone continua a difendere la sua italianità guardando sempre più alla Lombardia, inizia l’involuzione.

La gente non sembra più voler riconoscere al Ticino il ruolo di intermediario attivo fra il Nord e il Sud. Mentre l’Europa è respinta nel 1992. Gli anni dal 93 e 2003 sono quelli dell’incertezza, della disoccupazione e dell’ozono alle stelle, dell’arrivo di numerose comunità alloglotte, della perdita dell’esposizione nazionale, degli acquisiti sociali e delle redini economiche di nuovo a profitto di una Svizzera tedesca sempre più arrogante e sempre meno confederale. Gli anni post 80 sono quelli degli scandali, della chiusura a riccio, delle facili promesse di una destra emergente ma poco pulita. Tornano i piagnucolii, in particolare quelli degli operatori turistici. Tutto fa brodo per far girare l’economia: strade, glorie da strapaese, casinò, prostitute e canapai. Alla fine dei gloriosi 80 Ticino regione incerta? Purtroppo lo è ancora oggi, incerta. Trent’anni dopo. © Fm / 18 dicembre 2018