Correva l’estate del 1895 quando il pittore francese Paul Gauguin decise di ritornare nuovamente in Polinesia. E questa volta lo faceva per sempre. Mentre navigava sul bastimento che lo portava da Marsiglia a Tahiti passando da Suez, la Réunion e le Indie, sapeva che avrebbe lasciato tutto e tutti, tanto era in rivolta contro la cosiddetta Civiltà. Oggi, quando da Los Angeles l’aereo si prepara a partire per il Sud Pacifico, la sensazione di avere un grande vuoto dinnanzi a sé è immutata. Come lo era nel ‘400 quando i primi navigatori portoghesi pensavano che la terra fosse piatta e avevano paure di cadere negli abissi.

Se oggi le Isole Marchesi (Les Marquises), territorio d’Oltremare della Polinesia francese, sembrano essere al final del mundo…, chissà che impressione potevano offrire a Gauguin, il quale lasciò in fretta Tahiti e la sua decadenza per trasferirsi prima a Hiva Oa e poi a Fatu Hiva, minuscola isola a sud di Nuku Hiva, dove morì l’8 maggio del 1903. Come allora, chi sbarca su queste isole riceve in omaggio una variopinta corona di fiori. E l’impressione è quella di essere arrivati nel Paradiso terrestre: acacie, felci enormi, orchidee color viola, ibischi dai fiori gialli, ilang-ilang, papaye, palme da cocco, cascate, falesie, mare turchese, senza dimenticare la bellezza di donne e uomini. Bellezze e paesaggi che ritroviamo spesso intatti, come nei celebri quadri di Gauguin. Al contrario della maggior parte delle isole della Polinesia Francese le Marchesi non sono circondate da barriere coralline protettive e sono isole montagnose. Il punto più alto è il monte Oave sull’isola di Ua Pou, a 1 230 m sopra il livello del mare.

Prima dell’arrivo dei coloni erano abitate da guerrieri cannibali. Ma di fatto erano e sono un popolo molto fiero e timido, che poco si fida dei “Frani” che arrivano dalla “métropole”. E sull’isola di Hiva Oa, oltre ad una finta casa del pittore, chiamato “Koké” dagli indigeni, e i resti dell’aereo del cantante belga Jacques Brel pure lui affascinato da questo mondo sperduto, troviamo resti archeologici particolari. Testimonianze di riti tribali e di sacrifici umani.  Diffuse sono pure le sculture antropomorfe tra le quali spiccano la figura umana del tiki. Un’altra forma tipica d’arte è il tatuaggio, denominato moko, col quale si può decorare tutto il corpo, compresi l’interno della bocca e i genitali.

Si stima che l’uomo raggiunse le isole vulcaniche dell’arcipelago delle Marchesi proveniente dalle isole Tonga e Samoa. Quindi la prima colonizzazione fu di tipo polinesiano. Gli spagnoli approdarono alle Marchesi molto più tardi. L’esploratore Alvaro de Mendana de Neira pensando di aver raggiunto le Salomone sbarcò il 21 luglio 1595 e diede loro il nome di Marchese di Canete in onore del viceré del Perù. Le Marchesi passarono infine sotto la corona di Francia nel 1842. L’arcipelago all’arrivo dell’uomo bianco subì un devastante tracollo demografico. Come avvenne anche con i Maya nel 500, le malattie portate dagli europei decimarono una popolazione di ca 100.000 persone portandola all’inizio del Novecento a poco più di 2.000. Secondo il censimento del 2012 le Marchesi oggi hanno una popolazione di 9’261 abitanti, disseminati su 14 isole per un territorio di 1049 km². L’isola più grande dell’arcipelago è Nuku Hiva dove ha sede anche il capoluogo amministrativo, Taiohae.

Le Marchesi sono dunque isole molto fragili, come molte altre del Pacifico. Nonostante i “vantaggi” economici che potrebbe portare lo sviluppo del turismo, il fatto di essere “au bout du monde” protegge in parte la popolazione autoctona, ormai minacciata di estinzione, e i paesaggi. Paul Gauguin riferendosi a queste isole diceva « Soyez mistérieuses, vous serez heureueses ». Ragion per cui siamo dell’avviso che dobbiamo lasciarle lì dove sono, in mezzo al nulla del Pacifico, a mille miglia dall’Australia e dal Perù. E se vogliamo ammirarle possiamo andare nei musei, oppure al Musée de L’Orangerie di Parigi, dove troviamo nelle pitture di Gauguin i meravigliosi riflessi di un epoca e di un mondo. © Fm /20 settembre 2018

Una lettura: “Alle isole Marchesi”, di Hans Kitzmüller, 2005

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