Intervista di Carlo Silini tratta dal Corriere del Ticino del 24 febbraio 2016, inserita in un dossier dedicato alla Jihad in Ticino a seguito dei fatti accaduti il 22 febbraio 2016 fra Bellinzona e Lugano.

Francesco Mismirigo, già Delegato cantonale all’integrazione degli stranieri, conosce il mondo musulmano nel nostro cantone. Gli abbiamo chiesto una reazione ai fatti di mercoledì.

«Quei fatti – dice – sono stati messi giustamente in evidenza anche perché non siamo abituati a vicende simili alle nostre latitudini».

Che impressione si è fatto?

«Quello che mi stupisce è che da tempo l’accento viene spesso messo solo sulle derive dell’Islam, sulla violenza. Eppure stiamo parlando di una comunità di 6000 persone in Ticino che con questo non hanno niente a che fare. Si insiste nel descriverli come lupi travestiti da agnelli e c’è chi potrebbe pensare che tutti lo siano».

Invece?

«Invece ieri ho sentito alcune persone musulmane, direi ‘casualmente’ musulmane e tutte mi hanno detto di essere stufe».

Stufe di cosa?

«Loro dicono: facciamo di tutto per integrarci, facciamo di tutto per non farci notare, per essere parte della società, per vivere con e assieme agli altri e non passa giorno che non ci vengano attribuite delle colpe. È un messaggio forte e mi sembra vero. Il 90% dei musulmani che conosco sono davvero persone che vivono la loro fede in privato e senza segni esteriori ma sono sempre tartassate. Una situazione potenzialmente pericolosa».

Perché?

«Perché qualcuno di loro potrebbe pensare che per farsi notare deve diventare quello che noi diciamo che sono: lupi vestiti da agnelli. Ho sentito interviste a giovani in Francia che dicono: ci escludete, non esistiamo, volete che siamo i giovani cattivi delle cités: allora diventiamo i giovani cattivi delle cités».

Qualche lupo travestito da agnello, però, esiste.

«Sì, e in quei casi è più che giusto intervenire Ma è anche giusto ricordare che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Certi post che vengono pubblicati sui social non fanno altro che veicolare solo un’immagine negativa dell’Islam. È anche per questo che quando capita io provo a postare notizie che invece vengono quasi del tutto ignorate, come il cimitero ebraico che era stato rovinato in America e poi pagato dai musulmani. Insomma: è giusto condannare, criticare, arrestare chi commette reati, ma non è giusto escludere persone che sono parte integrante della società».

Cosa può fare in questo contesto la nuova commissione per l’integrazione degli stranieri appena presentata?

«Il segnale inviato con la nuova commissione può essere molto positivo anche se non ne fanno parte stranieri, mi pare, tranne Marta Odun. Mi ha un stupito che in un periodo in cui si parla molto delle tensioni tra Israele e il mondo musulmano per seguire casi di razzismo e di discriminazione in Ticino, che oggi toccano soprattutto persone di colore e musulmani, sia stato nominato il presidente dell’Associazione Svizzera-Israele Adrian Weiss».

Intende dire che è stata una scelta sbagliata?

«Potrebbe essere una positiva scelta di apertura:  il messaggio potrebbe essere che, qualora fosse necessario, anche membri dell’Associazione Svizzera Israele sono in grado di sostenere la dignità dei musulmani. Io mi do questa spiegazione, un’altra avrei difficoltà a capirla». Fm / 24.02.17