L’introduzione della legge sulla dissimulazione del viso in Ticino a partire dal 1° luglio 2016 prima, alcuni fatti di cronaca, le prese di posizione e i numerosi articoli e approfondimenti sul tema poi hanno focalizzato la nostra attenzione su certi usi e costumi di alcuni Paesi arabo-musulmani. Complice anche una certa poca conoscenza del tema, siamo stati spesso invasi da stereotipi dovuti ad una informazione a volte parziale o riduttiva. Quindi, anche per semplificare una questione complessa, oggi pensiamo che tutte le donne musulmane siano velate allorché la problematica in questione riguarda solo una minoranza, ovvero cittadine dall’Afghanistan (burqa) e dei Paesi del Golfo (niqab). Paesi, quest’ultimi, molto ricchi e spesso molto vicini alle ideologie dell’Isis. Dittature che sopportiamo solo per i loro petrodollari. Negli altri Paesi la questione del velo si pone molto meno giacché è una scelta politica o personale, e non religiosa. E quindi da Beirut a Casablanca, specialmente nelle città, donne musulmane con il foulard o abiti tradizionali deambulano senza problemi con altre in minigonna o con scollature vertiginose.

In merito al tema dell’abito femminile vale la pena rilevare due modi di agire coevi ma decisamente differenti. La recente liberazione della città di Manbij in Siria ha portato allo scoperto gli orrori perpetrati dalla polizia religiosa del Califfato. Tubi di metallo e catene: con questi strumenti venivano brutalmente pestate le donne che violavano in pubblico anche per un solo istante il granitico codice d’abbigliamento integralista imposto dallo Stato islamico, ma pure gli uomini che indossavano pantaloni stretti o jeans o venivano sorpresi a fumare. Gli uomini del Califfo osservavano di nascosto l’abbigliamento delle persone e se qualcuno violava le rigide regole della Sharia le trascinavano per interrogarle e punirle. Molte donne, pur indossando il velo nero integrale, a volte si scoprivano gli occhi per un secondo per osservare la merce o per pagare. Secondo fonti locali bastava questo, o scoprire tracce di trucco, per venire arrestate.

In Ticino, giustamente, i controlli per far rispettare la legge sulla dissimulazione del viso si effettuano in modo decisamente più soft. A Lugano ad esempio le donne con il volto coperto vengono «ammonite» verbalmente e, dopo averne spiegati i motivi, sono invitate a togliere burqa o niqab. Gli agenti delle polizie comunali hanno seguito recentemente una formazione speciale con un mediatore culturale per imparare a relazionarsi nel modo migliore con le persone provenienti dai Paesi islamici. Una scelta corretta ed encomiabile da parte delle nostre autorità volta al rispetto della persona, della sua dignità e della sua cultura. Una procedura e delle modalità che andrebbero adottate pure da molti Paesi arabo-musulmani: infatti, non è raro che in località discoste o nei dintorni delle moschee sia uomini sia donne occidentali vengano allontanati con un certa sgradevole veemenza. E non per forza a causa dei nostri abiti ma semplicemente perché in quello spazio persone non musulmane non sono gradite. Due modi decisamente diversi di concepire i rapporti interculturali.

Francesco Mismirigo, 14 agosto 2016

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