In Ticino non si segnalano episodi eclatanti
È corretto chiedersi se esiste veramente un problema di accettazione di persone di colore in Ticino. Prendiamo ad esempio le persone che fanno riferimento alla Comunità degli africani in Ticino (CAT). Sono persone generalmente positive e con tanta voglia di proporre iniziative per sensibilizzare la popolazione locale e per lottare contro una certa e diffusa diffidenza, persone istruite, residenti e ben integrate o con una gran voglia di integrarsi professionalmente e socialmente, partecipando attivamente alla costruzione del nostro Paese. Persone spesso intellettualmente preparate a svolgere un ruolo attivo nella nostra società. Loro per primi a volte sembrano esprimere una visione solare, propositiva e non particolarmente problematica della loro realtà, anche se sono ben coscienti delle diffidenze nei loro confronti. Quella degli africani è una comunità poco numerosa: solo circa 2.000 persone originarie dall’Africa subsahariana vivono nel Cantone in modo stabile.
Questo non significa che da noi i neri non siano vittime di discriminazioni, pregiudizi e visioni stereotipate. Una signora un giorno ha confessato di non vestire più molto volentieri in certe occasioni il costume tradizionale del suo Paese, anche se adora farlo, perché spesso siamo noi ticinesi a volerla vedere con addosso quei vestiti. Forse perché siamo incapaci di immaginarci gli africani vestiti in altro modo? È un po’ come quando gli svizzero tedeschi si aspettano di vedere i ticinesi col mandolino e il boccalino. Ben vengano dunque occasioni come la settimana contro il razzismo durante la quale in Ticino appaiono testimonial quali una donna africana che lavora in banca e che ha a cuore il futuro della nostra piazza finanziaria. Nell’immaginario collettivo di Parigi o Ginevra questo fatto è cosa comune e possibile, da noi decisamente meno.
La responsabilità dei media
Al persistere del problema di percezione sbagliata dell’altro, della persona di colore e dell’Africa in generale contribuiscono a volte anche i media. È un meccanismo che purtroppo scatta automaticamente in certe redazioni, ma è un grave errore: quando si parla di criminalità ad esempio a Chiasso è giusto abbinare al testo una foto di africani? Oppure quando si scrive di Africa abbinare l’immagine dell’immancabile donna affamata, seduta per terra con un bimbo in braccio e le mosche che ronzano attorno? Oppure quando si disegna il Continente africano simbolizzarlo ancora oggi con animali selvaggi, foreste e pigmei? Quando sullo stesso mappamondo per Europa troviamo invece simboli della cultura e della religione, e per l’America grattacieli e tecnologie… Tutto ciò non esiste forse anche in Africa? Purtroppo sono pochi i media che presentano l’Africa o certi Paesi africani secondo le loro reali condizioni di sviluppo, nel bene e nel male. In Svizzera ad esempio pochi sanno che Luanda è forse più cara di Zurigo e che certi Paesi – come Angola, Etiopia, Rwanda, Ciad, Mozambico – hanno un tasso di crescita economica maggiore del mondo occidentale (anche se ciò non per forza permette poi una riduzione della povertà).
Gli stereotipi sui neri in Ticino sono piuttosto recenti, ma non per questo deboli. Fino a qualche generazione fa molti ticinesi conoscevano gli africani solo attraverso le collette caritative o le bambole nere. O attraverso i “negretti” della Croce rossa che si trovavano nelle chiese: davi loro la monetina e muovevano la testa. L’idea che si aveva dell’africano era quella del poveretto che andava aiutato. Poi di colpo la loro immagine è stata associata a fenomeni apparsi improvvisamente come la prostituzione, i richiedenti l’asilo e la droga. Il Ticino non ha perciò imparato a conoscere l’altro inteso come persona di colore in modo graduale e con la necessaria oggettività e positiva curiosità.
In realtà la persona di colore residente in Ticino lavora con noi in ospedale, in farmacia, in ferrovia, è studente, avvocato, commessa… o disoccupato, come noi! In merito agli spacciatori di origine africana, attivi anche perché è il mercato locale della droga che li vuole, la comunità africana ticinese li condanna e rifiuta perché giustamente non si sentono per nulla rappresentati da loro. Un infimo numero di persone danneggia l’immagine di un’intera comunità.
Oggi in Ticino grazie a Cardis (www.discriminazione.ch) è in atto un monitoraggio per valutare e analizzare i vari casi di razzismo e di discriminazione onde avere dati oggettivi e non ideologici. Ci sono già segnalazioni di disagio da parte di cittadini africani o svizzeri di origine africana residenti in modo stabile per motivi di discriminazione in particolare sul lavoro, di linguaggio insultante o perché vittime di strumentalizzazione politica. Ma non sono stati segnalati fino ad ora problemi di eclatante rigetto nei loro confronti, forse anche perché in assenza di testimoni certe discriminazioni non sono facili da dimostrare. In Ticino sono forse più presenti azioni di rifiuto nei confronti di persone di fede musulmana o persone non residenti ma di cultura e lingua come la nostra. Ma questa è un’altra storia.
Francesco Mismirigo, 11 agosto 2016
(Ulteriori approfondimento ne Corriere del Ticino, 17 giugno 2014)