Quante brutte notizie : giornali, televisioni, radio, internet e social media non riferiscono che di terrorismo, di atrocità barbariche, di guerra di religioni, di Isis e, in una sorta di gigantesca Apocalypse Now, occupano ogni attimo di questa maledetta estate 2016. Mai come oggi l’Uomo ha avuto a disposizione mezzi d’informazione che gli dovrebbero, in teoria, permettere di liberarsi dall’ignoranza. Accanto a una in generale ottima informazione dei media “classici”, hanno però sempre più successo siti online per lo più disinformanti. Viviamo l’era delle fast news, delle notizie usa e getta, pericolose perché percorrono facili scorciatoie, non educano il lettore e non lo abituano ad acquisire sufficiente spirito critico.

Gli attentanti in Europa monopolizzano le nostre menti e turbano il nostro sonno. Siamo tutti preoccupati, abbiamo tutti paura … di risvegliarci al mattino con la notizia dell’ennesima strage. Sempre più vicina, sempre meno evitabile. Invece gli attentati in Medio Oriente o in Africa interessano meno anche se il numero dei morti è ogni volta superiore a quelli in Europa. Molti media europei, in particolare le TV italiane e francesi, amplificano volutamente certe notizie fino all’intossicazione: sembrano mossi da un’avidità di trovare le “giuste” cattive notizie che porteranno più spettatori. Brutte notizie che non fanno altro che aumentare la nostra aggressività e la nostra depressione. E ogni sera si spera che se non oggi, domani, se non domani fra un mese o un anno si possa finalmente scrivere la parole “Fine” a tutto questo.

Siamo entrati nell’era della regressione, del degrado e della disumanizzazione dell’informazione? Nonostante un calo delle audience la TV ritrova la sua magia ad ogni evento drammatico perché rimane il media più veloce per la trasmissione di notizie in tempo reale. Ma l’uso più pericoloso della TV è quello che stanno facendo certi religiosi, politici e fanatici sulle reti mediorientali, maghrebine e africane. Spesso istigatori all’odio e alieni da ogni vero riferimento religioso, manipolano e incoraggiano a seguirli, promettendo l’accesso al paradiso celeste indipendentemente dagli efferati atti commessi. Il crimine dei predicatori che agiscono in nome dell’Islam è quello di fornire, utilizzando pure i media, una legittimazione religiosa a atti perpetrati attraverso persone mentalmente fragili.

I social e internet stanno trasformando le realtà in un grande gioco virtuale al quale vogliono partecipare un numero crescente di persone incapaci di realizzare che con una lama nella vita reale si può uccidere davvero. In Occidente c’è una nuova generazione che sta banalizzando la violenza in tempo di pace, a differenza di quella precedente che ha rifiutato la violenza in tempo di guerra. Il terrorismo trae forza anche da internet e dai social nei quali è possibile trovare di tutto e di più, in particolare nel cosiddetto Deep Web, o web sommerso. Certi social e i principali motori di ricerca sono pure co-responsabili di quanto succede: permettono un facile accesso agli strumenti dell’odio, veicolano inaccettabili discorsi che incitano alla violenza e democratizzando senza controllo ogni genere di opinione della società civile possono generare preconcetti, pericolose scelte politiche e false interpretazioni della realtà dei fatti.

Abdelkrim Hizaoui, Direttore del nuovo osservatorio sul giornalismo per il mondo arabo, ha affermato che “questi nuovi media sono riusciti a spezzare la censura ufficiale e diffondere i messaggi dei cittadini che in prima persona contribuiscono a svelare i segreti sulle questioni di malgoverno, di corruzione e di violazioni dei diritti umani.” Pur rigettando ogni forma di censura è doveroso che i giornalisti facciano comunque una riflessione su come sarebbe più opportuno trattare le informazioni relative al terrorismo. Evitando il più possibile le generalizzazioni della fast news, che la gente ama leggere in pochi minuti. Condannare gli assassini ad una morte mediatica per evitare glorificazioni postume, come sta avvenendo in Francia, indebolisce solo la lotta contro il terrorismo: la società ha bisogno di capire il perché dei fatti e cosa ha spinto gli assassini ad agire.

Se iniziamo a mettere in discussione i musulmani o l’Islam come religione, afferma Hizaoui, facciamo il gioco dei terroristi, il loro scopo è proprio questo, fomentare l’odio tra i popoli e le religioni. I media devono invece essere portatori di messaggi di pace e comprensione e non veicolo di vendetta, incoraggiando la guerra e l’odio (…) sappiamo che è proprio dall’ignoranza che nasce l’odio. Il mondo accademico e i media hanno un ruolo essenziale nel favorire la conoscenza reciproca soprattutto in questo momento di crescita degli estremismi sia nel mondo arabo sia in Europa (…) Il terrorismo non mira ai cristiani, agli ebrei o ai musulmani. Il terrorismo è un atto barbaro che colpisce senza discriminazione tutti, compresa la propria famiglia. Ma di questo non si parla mai».

Francesco Mismirigo, 5 agosto 2016

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