L’accettazione da parte del Canton Ticino dell’iniziativa “Prima i nostri” ha suscitato sia in Italia sia In Svizzera numerose polemiche, furiosi commenti, parecchi consensi ma pure molti malintesi. Come sempre accade in questi casi la stampa italiana si permette titoli altisonanti spesso assurdi con cui si sottolineano le discriminazioni da parte svizzera nei confronti dell’Italia e degli italiani, esigendo a volte diritti extra muros decisamente fuori luogo, e mai l’innegabile disagio che sta alla base delle nostre decisioni o le responsabilità per la fragile situazione economica italiana che spinge decine di migliaia di persone a varcare le frontiere per lavorare. Titoli e articoli di questo genere che non fanno altro che gettare ulteriore olio sul fuoco nei rapporti sempre più tesi fra ticinesi e lombardi e che spesso sono solo il frutto di una palese ignoranza, forse anche voluta, da parte di molti cittadini, della stampa e dei politici italiani del sistema svizzero e delle nostre realtà.

E’ però pur vero che la Svizzera non ha mai saputo farsi conoscere molto bene all’estero, forse per una certa supponenza. Ad esempio allorché si votò a favore della libera circolazione, del miliardo all’Est, di Schengen e di Dublino la Svizzera non fece nessuna campagna stampa in Europa con la quale sottolineava il fatto che fosse l’unico Paese in cui la popolazione si è espressa su questi temi e ha deciso in modo sovrano. Lo stesso dicasi quando il popolo vota contro dei principi europei: nessuno spiega alla stampa estera quali sono le nostre esigenze e le nostre modalità operative. Cosicché i muri diventano sempre più alti, in particolare quello che ci separa dall’Italia.

Il modo di vivere i propri diritti di cittadini in Italia, spesso espressi solo urlando e sbraitando in una delle tante TV spazzatura della Penisola, sono decisamente molto diversi da quelli svizzeri. Vien lecito pensare che se il popolo italiano, ma anche solo quello piemontese, lombardo o veneto, votasse su certi temi europei, spesso imposti e subiti, o legati alla migrazione, i risultati non sarebbero molto diversi da quelli svizzeri. Invece l’Unione europea e i singoli Stati da anni ormai hanno preferito non ascoltare la voce della base. E salvo in rare eccezioni come per le votazioni per aderire all’UE, il popolo tace ma non sempre acconsente. (1 – Continua)

Francesco Mismirigo, 27 settembre 2016